Bivacco Lomasti
La struttura ricettiva, messa da noi in opera, per garantire ospitalità e ricovero ad alpinisti ed escursionisti in un’importante area, è il “bivacco Ernesto Lomasti” in Sella d’Aip. Inaugurato il 7 ottobre del 1979, in occasione delle celebrazioni del nostro cinquantesimo, fu il coronamento degli sforzi compiuti nei due anni precedenti dal nuovo entusiasta direttivo che riuscì a galvanizzare attorno a questo progetto soci ed appassionati, coinvolgendo finanziariamente istituti di credito ed enti locali.
Avrebbe dovuto chiamarsi “bivacco CAI Pontebba”. Purtroppo è stato invece intestato ad “Ernesto” che - giovane consigliere - lui stesso, per ironia della sorte, s’era adoperato per dare concretezza a quella che inizialmente sembrava solo una bella pensata. Alcuni ricorderanno ancora quel 24 giugno, pochissimi giorni dopo la sua tragica scomparsa, quando, durante i primi lavori di basamento, su un sito non ancora completamente emerso dalla neve, fra i presenti con il nodo alla gola, è scaturita l’unanime decisione di dedicare l’opera al compianto amico, divenuto in breve così famoso per le imprese alpinistiche compiute.
Alcuni di noi, forse una decina, per lo più del direttivo, ci eravamo dati l'appuntamento esattamente qui, per decidere. Le bianche lingue tutte in torno evidenziavano che il posto non era ancora completamente emerso dalla neve. Era la mattina di domenica 24 giugno 1979, pochi giorni dalla tragica scomparsa di Ernesto (12 giugno). Dovevamo scegliere il sito su cui ubicare il basamento di quella struttura ricettiva, destinata a chiamarsi “bivacco CAI Pontebba”. Lo avevamo stabilito pochi mesi prima in direttivo e quindi assieme a Ernesto.
La bella pensata di due anni addietro, sostenuta dall’entusiasmo e dalla determinazione del giovane direttivo nell’affrontare il gravoso e complesso impegno per ottenere le licenze necessarie, per risolvere i problemi di trasporto, nonché per assicurare la copertura finanziaria, stava veramente concretizzandosi. Quindi, nonostante fossimo terribilmente addolorati, avevamo l’obbligo morale di dare corso all’iniziativa in cui, tra l’altro, s’era adoperato anche Ernesto: l’anno prima assieme avevamo stabilito l’area sul lungo dorsale della sella e poi Lui stesso curò la relazione tecnica che in seguito utilizzammo per le varie istanze autorizzative.
Eravamo qui a darci dentro di pala e piccone e a racimolare materiale per la piattaforma, sotto la guida tecnica del nostro indimenticato Lazzi. Operavamo tutti in silenzio, con gli occhi rivolti in basso per nasconderci l’un l’altro la commozione che traspariva dagli occhi rossi e da qualche lacrimuccia. L’angoscia che attanagliava il nostro animo, manifestava una incontenibile tristezza.
Ad un certo punto l’opprimente silenzio fu temerariamente interrotto da uno di noi che opportunamente disse “e allora lo intitoliamo a lui vero?!” Non ne seguì una risposta sonora; il nodo in gola ne bloccò le voci ma tutti quanti mossero la testa in senso affermativo; o forse scappò qualche timido e quasi impercettibile “sì”. Poi piano piano l’apparente normalità prese il sopravvento sulla mestizia ed i commenti furono “beh era scontato no!” E del resto era emerso ciò che tutti i presenti nonché gli assenti auspicavano. E qualcuno, per spingere verso un clima più distensivo e naturale, ebbe a ricordare quando, ironia della sorte, per scherzo, ci lanciavamo l’un l’altro la battuta “vedi di non farti dedicare il ...”
Per la cronaca, riuscimmo a galvanizzare attorno a questo progetto soci ed appassionati. Fummo impegnati per il trasporto da Padova a Pramollo, successivamente dalla diga alla Sella d’Aip con l’elicottero dell’Esercito da Bolzano. Il 29 agosto terminò la due giorni con Redento Barcellan (costruttore) per la posa in opera ed alla fine il 7 ottobre, in occasione delle celebrazioni del nostro cinquantesimo, inaugurammo il “bivacco Ernesto Lomasti”.
Ora complimenti alla Sezione, al CAI regionale e a tutti quanti han valutato, con la rinnovata struttura, di non vanificare quella che fu una scelta importante del nostro passato e quindi della nostra storia a servizio degli alpinisti ed escursionisti.
ricovero Armando Bernardinis
L’altra nostra costruzione ricettiva è il “ricovero Armando Bernardinis”, situato sul versante sud della cima Vildiver dei Due Pizzi. Si tratta di una modesta costruzione in muratura, residuato della Grande Guerra e testimone d’epiche gesta durante combattimenti efferati. E’ dedicato alla memoria di uno degli intrepidi ed eroici protagonisti di quei drammatici momenti. A prescindere dalla sua utilità come punto d’appoggio, soprattutto per percorsi di traversata, può essere ritenuto un prezioso patrimonio culturale, proprio per ciò che rappresenta.
Detta struttura quindi non fu edificata da noi ma da noi ricevuta quasi in eredità per competenza territoriale. Ne siamo gelosamente orgogliosi e c’impegniamo coi fatti a conservarla ed a valorizzarla. Protagonista animatore, esemplare sostenitore ed instancabile manovale che sta all’origine di tutti gli sforzi ed iniziative di ripristino e di miglioramento è il nostro socio don Mario Qualizza, persona determinata e dotata di notevole carica ideale. Nei primi anni 80 ha coinvolto nelle fatiche il gruppo culturale di Malborghetto di cui era parroco. In seguito, a Pontebba, dov’è stato poi trasferito, la sezione gli conferì l’incarico di responsabile supervisore del ricovero. A Malborghetto aveva incontrato anche la fattiva collaborazione del nostro Bruno Urli, tragicamente scomparso con l’alluvione del 29 agosto 2003; in quella vicina comunità Bruno aveva continuato a vivere i suoi ideali di montagna, acquisiti nella pratica alpinistica che, a cavallo degli anni 60 e 70, lo aveva enumerato fra il primo gruppo di rocciatori del paese. Il ricovero nel 1991 è stato interessato da lavori di ristrutturazione ed è stato adeguatamente arredato. In seguito agli ultimi decisivi interventi di consolidamento strutturale e di ricopertura del 2001, ha assunto un aspetto ancora più accogliente e confortevole. Ora agli abituali benché rari vandali la mossa successiva: senno o balordaggine?
Campana Malvuerich
Ancorché non si tratti di una struttura funzionale vera e propria, va doverosamente ricordata la campana posta in cima al Malvuerich Alto e dedicata il 15 maggio 1969 alla memoria dell’appena scomparso Gervasio Buzzi, il “Vecjo”. Con lui se n’andava un periodo di storia alpinistica e sciistica di Pontebba. Più volte riparata dai danni dei fulmini, è un’opera importante, perché fu, per così dire, la matrice d’apprezzabili iniziative che seguirono.
campana del Monte Cavallo
Se l’inizio delle nostre realizzazioni di strutture è rappresentato da una campana, quella sul Malvuerich, va annoverato che anche l’ultima iniziativa di carattere strutturale è una campana, ‘sta volta sulla cima del monte Cavallo (Rosskofel). Voluta e messa in posa dalle due sezioni 32 contermini di Pontebba e di Hermagor, fa inaugurata il 5 luglio 1998 per celebrare i 50 anni di amicizia fra le due sezioni.
Madonnina
Sulle nostre strutture, sull’attività che svolgiamo, su tutti noi, dalla cresta della Creta di Pricot (proprio dal versante sud sotto la cima) veglia la Madonnina che il nostro CAI ha voluto posare il 30 settembre 1990. È una riproduzione dell’originale Madonna di Pontebba, posta nello stesso luogo in cui, al termine della seconda guerra mondiale, un simile simulacro era stato collocato dalla parrocchia e dal nostro don Boria, per aver preservato il paese dai bombardamenti.